IL SOSTEGNO...
Mi chiamo Maria Luisa. Lavoro nella scuola dal 1999, come insegnante di scuola Primaria. Attualmente sono in servizio nella secondaria di 1° grado.
Ho deciso di fare l’insegnante per la passione che mi lega a questo lavoro. Negli anni ho scelto di occuparmi di alunni in difficoltà. Inizialmente, infatti, ero su posto comune. Ho avuto anche la fortuna di incontrare persone sulla mia strada che hanno confermato le mie scelte.
Mi sono occupata prevalentemente di alunni con autismo: vedere i risultati di questi alunni ha reso molto orgogliosa me e anche le mie colleghe.
Personalmente ho inforzato l’idea dell’importanza della figura dell’insegnante incaricata su posto di sostegno, un docente “formato e informato”, come diceva uno dei miei professori al corso polivalente di specializzazione.
Il sostegno non può essere solo un mezzo per accedere al mondo scuola: l’insegnante di sostegno è una figura importantissima. Non si può lavorare su posto di sostegno, se non si è in grado di far rispettare, insieme ai nostri colleghi, le leggi che tutelano il diritto all’istruzione e all’educazione di ciascun alunno delle classi alle quali siamo assegnati.
Le criticità
Insegnanti di sostegno utilizzati per le supplenze, per il potenziamento, per accompagnare la classe in uscita didattica o in viaggio di istruzione, mentre l’alunno con disabilità viene lasciato a scuola, figure strumentali per l’inclusione assegnate a personale non specializzato ma accondiscendente con il dirigente, ma anche modulistica compilata per puro adempimento burocratico, con firme di colleghi di team o del Consiglio di classe che ostentano una condivisione non reale: sono alcune delle voci che descrivono aspetti della scuola che richiedono di essere urgentemente migliorati.
La mia esperienza
Nella mia scuola coordino gli insegnanti incaricati su posto di sostegno della secondaria di 1° grado. Alcuni di loro hanno collaborano attivamente e vi è ascolto reciproco. Altri, invece, preferiscono assecondare le richieste di un capo di Istituto, che in genere tende ad evitare di esporsi. Aleggia una sorta di timore, che non favorisce il clima di collabo-razione, mentre sembrano prendere corpo cattive prassi.
Lavoro in una cittadina del Piemonte e, se dipendesse da me, tanti colleghi, che oggi lavorano nella scuola, non li avrei reclutati. Sono contraria all’inserimento di massa, senza una serie selezione con rilevamento oggettivo delle competenze: gli insegnanti devono essere formati e non con una formazione da concorso.
Chiedo professionalità e competenza
È giunto il momento di dire basta a insegnanti incompetenti o professionalmente chiusi, tendenti a rinunciare a priori, senza provare nuove strade.
La società è cambiata e sono cambiati gli schemi logici dei nostri alunni. Non possiamo più credere di preparare lezioni preconfezionate o far finta di non essere interessati alla tecnologia.
L’inclusione non è il PAI, non è menzionarla nel PTOF, non è fare un gruppo di ragazzini che riproducono classi differenziali, abolite dalla legge italiana.
L’inclusione è un modo di essere di tutti i docenti della scuola, di tutto il personale della scuola!
È importante avere una scuola aderente alla società che cambiae non distante, scollata, fuori dal tempo e dallo spazio della quotidianità.
Nelle nostre classi ci sono studenti in gamba nel sociale, ma che mostrano capacità inadeguate a scuola…
Nelle nostre classi ci sono studenti che sollecitano attenzione, empatia e comprensione, e spesso non ce ne accorgiamo.
Molto probabilmente, buona parte degli atteggiamenti di bullismo ostentati altro non so-no che comportamenti finalizzati a farsi notare, farsi riconoscere, farsi apprezzare.
A proposito di meritocrazia…
E che dire della meritocrazia? E del potere attribuito ai dirigente scolastici? Le nuove norme hanno fatto rientrare quest’ultimo “pericolo”, ma l’orizzonte non lascia intravede-re molto di buono!
Come docenti non dobbiamo temere quanto ci circonda: dobbiamo aver paura della nostra eventuale impreparazione, dobbiamo preoccuparci della nostra incompetenza e/o la nostra inadeguatezza rispetto al ruolo che rivestiamo.
Mi auguro che arrivi qualche segnale positivo dal nuovo Ministro e che, finalmente, si dia ascolto alla voce dei tanti insegnanti che, senza particolari ruoli o riconoscimenti economici, senza un merito reale ma non riconosciuto, rendono la scuola italiana una delle migliori! La testimonianza di ciò? I molti, troppi, giovani che ogni anno lasciano il nostro Paese per trovare un’occupazione all’estero.
Maria Luisa D’Ambrosi